L’Abbadia di San Tommaso in Foglia rappresenta il luogo di fondazione di Montelabbate. 

Oggi è non visibile dalla strada Montelabbatese che collega Pesaro e Urbino e dal piazzale antistante la vista si apre al grande centro commerciale dell’Apsella e al traffico di auto e camion. 

Oggi sembra marginale e isolata, ma una volta era un centro importante per la vita spirituale ed economica del territorio.  Intorno si trovano frammenti importanti un po accatastati della stratificazione del luogo ricco di storia e di leggende.

In epoca romana il luogo era percorso da una strada di collegamento tra la costa e le zone dell’interno, per esempio Pesaro e Urbino, prolungando il decumanus maximus della città.

Una ipotesi è che in precedenza fosse sulla strada di un cammino dei Templari verso la Terra Santa.

Allora come oggi il confine tra le due diocesi era segnato dal torrente Apsa, che scorre appena sotto le mura dell’Abbadia.

Attorno al 980 venne costruito un monastero benedettino che seguivano la regola riformata di Cluny. I monaci vennero attratti dalla fertilità del terreno, dovuta alla confluenza del torrente Apsa, del fosso Apsella e del fiume Isaurus (il Foglia). Nel corso di alcuni secoli divenne un luogo ricco e potente grazie a do nazioni e agevolazioni e si ampliò fino ad attirare una comunità di persone che cercavano lavoro.

La quercia di fianco alla chiesa ci rammenta la produzione di un alimento fatto di ghiande, alimento per maiali e quando va male per povera gente.

La fortuna dei monaci di San Tommaso in Foglia nasce intorno all’XI sec. In seguito ad una serie di donazioni e agevolazioni. Nel 1407 il papa Clemente II si fermò qui per riposarsi ma vi mori e lasciò ai monaci terre e vari benefici. Il corpo rimase sepolto nel piccolo cimitero per due anni e fu poi trasportato a Bamberga.  Egli arricchì l’abbadia di un ampio feudo confiscato agli eredi di un certo Alberico che era stato conte di Pesaro. In questo modo veniva sottratta alla civitas pesarese il controllo di uomini e proventi che ne aggravò l isolamento e la marginalità.

Se inizialmente i monaci si sono accontentati di dissodare e coltivare le terre incolte e paludose, mano mano che ricevevano in dono le terre da re e feudatari  che non riuscivano a gestire immense proprietà ebbero bisogno di manodopera e richiamarono le popolazioni che volevano trovare lavoro. Le loro terre divennero proprietà agricole e i lavoratori divennero la classe agricola del paese. Il ruolo dei monaci nello sviluppo dell’agricoltura fu quindi fondamentale.

Dopo il 1060 l’Abbadia vide crescere i propri possedimenti  arrivando a comprendere nei primi decenni del XIII sec i castelli di Montelabbate, Lizzola, Montenevoso e Farneto.

L’ Olivieri ipotizza che nel XII sec gli abati fabbricarono il castello di Montelabbate per difendersi dalle scorrerie dei ribelli del comune di Pesaro e degli urbinati confinanti .

Nel 1213 papa Innocenzo III con una bolla papale confermò al monastero il diritto alla riscossione di delle decime nelle corti di vari castelli, tra cui Montelabbate, riconosciuta come nuova residenza abbaziale.

La ricchezza della abbadia divenne tale che le storie popolari parlano bottini preziosi nascosti nelle sue mura e di colonne piene di pietre preziose portate via in tutta fretta dagli inglesi dopo i secondo conflitto mondiale.

La decadenza dell’Abbadia culminò nel 1437 con la cessione d della stessa al Capitolo della cattedrale di Pesaro da parte di papa Niccolò V.

Tutt’oggi le proprietà e la giurisdizione sono frammentate e complesse, ma la magia di questo luogo è intatta.

Nota: nel caso voleste iniziare il walscape fuori dagli orari di chiusura dell'Abbadia potete visitare virtualmente e a 360° il luogo partendo da questa pagina